quarta-feira, 29 de fevereiro de 2012

L' 8 dicembre, Fatima e i segni della Storia


Dall'addio dei sovietici a Vienna alla bandiera europea 

e alla fine dell'Urss: una serie di enigmatiche coincidenze

Anche il Corriere ha ricordato, con una pagina intera, i vent'anni da quanto successe in una dacia a Viskuli, nella foresta di Pushcha, in Bielorussia. I primi presidenti eletti democraticamente dalle tre repubbliche slave dell'Urss - Russia, Ucraina, Bielorussia - firmarono il documento che sanciva «la cessazione dell'Unione Sovietica in quanto entità statale» e lo smembramento del primo Stato comunista della storia. Una decisione imprevista, non soltanto dai soliti «esperti», ma anche dagli stessi protagonisti dell'incontro. Ciò che si voleva non era la fine dell'Urss ma un patto federale rinnovato. E invece, pochi giorni dopo, la notte di Natale, la bandiera rossa con la falce e martello era ammainata per sempre dalla cupola più alta del Cremlino e al suo posto risaliva il tricolore dell'impero di Pietro il Grande. La firma del russo Eltsin, dell'ucraino Kravchuk e del bielorusso Shushkevic sul documento in cui la seconda potenza mondiale decideva di suicidarsi fu apposta l'8 dicembre del 1991. Era il giorno della ricorrenza liturgica dell'Immacolata Concezione.
Come impedire ai credenti di pensare alle parole della Signora di Fatima, parole pronunciate nel 1917, in perfetta coincidenza con la presa del potere da parte di Lenin? «La Russia spanderà i suoi errori nel mondo, provocando guerre e persecuzioni contro la Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, intere nazioni saranno annientate». Ma, aveva concluso l'Apparizione davanti ai tre bambini che ignoravano persino la parola Russia, «ma alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà». La fine annunciata nel 1917 dall'Immacolata giungeva, non solo nel «suo» giorno, ma alla vigilia dei 70 anni dalla fondazione ufficiale dell'Urss. Qui i credenti potevano pensare al Salmo 90: «Settanta sono gli anni dell'uomo...». E settanta pure la massima durata delle opere dell'uomo, se fondate sulla persecuzione di ogni religione. E che dire del simbolismo, sin troppo esplicito, di quella bandiera del primo Stato ufficialmente ateo della storia ammainata dal Cremlino, davanti alle televisioni del mondo, nel giorno in cui il calendario gregoriano, seguito dalla maggioranza dei cristiani, celebra la nascita di Cristo?
La bandiera dell’Unione europea, dodici stelle d’oro su sfondo azzurro, fu disegnata dal belga Arsène Heitz e venne adottata l’8 dicembre 1955La bandiera dell’Unione europea, dodici stelle d’oro su sfondo azzurro, fu disegnata dal belga Arsène Heitz e venne adottata l’8 dicembre 1955
Come è giusto - nella prospettiva del Dio biblico che si rivela e al contempo si cela, lasciando alla libertà dell'uomo la scelta tra l'accoglienza e il rifiuto - com'è giusto, dunque, se i credenti vedono qui dei «segni», per gli increduli ci sono solo coincidenze. Coincidenze che, però, sembrano attirate da quell'enigmatico 8 di dicembre. Si veda quell'altra storia davvero singolare della bandiera europea. Il Consiglio d'Europa indisse nel 1950 un concorso internazionale per un vessillo del Continente. Parteciparono centinaia di artisti e di grafici ma i bozzetti, i più numerosi, che contenevano una croce furono bocciati dai socialisti e dai laicisti in genere. Soltanto nel 1955 la commissione, presieduta da Paul Lévy, un ebreo, si decise per una bandiera azzurra con al centro 12 stelle d'oro disposte in cerchio. L'idea piacque, tanto che nel 1986 lo stendardo fu adottato come ufficiale anche dalla Comunità Europea, cambiando solo in argento l'oro delle stelle. Ci fu sconcerto, però, e rammarico, in molti, quando si conobbe il retroscena: l'autore era Arsène Heitz, un grafico belga poco noto, devoto mariano fervente. L'azzurro è il colore della Vergine e le stelle sono quelle che circondano il capo della Donna dell'Apocalisse in cui la Tradizione riconosce Maria. Quanto al dodici, è quello delle dodici tribù di Israele, dei dodici apostoli e delle dodici stelle che stanno sulla Medaglia Miracolosa voluta nel 1830 dalla Vergine stessa e che Heitz portava sempre al collo, da buon devoto. Ma c'è di più, visto che per la firma solenne del documento che adottava la bandiera, nel 1955, si cercò una data che convenisse a tutti i politici che venivano a Strasburgo dall'Europa intera. Nessuno, al Consiglio, si accorse che il giorno prescelto non era come gli altri, per i credenti: era, infatti, pure qui, l'8 dicembre. E la Medaglia che era servita da modello al grafico porta incisa una invocazione proprio all'Immacolata Concezione.
I sovietici lasciarono Vienna dopo 10 anni di occupazione il 13 maggio 1955 riconoscendo l’indipendenza dell’AustriaI sovietici lasciarono Vienna dopo 10 anni di occupazione il 13 maggio 1955 riconoscendo l’indipendenza dell’Austria
Vediamo un altro caso, tra i molti possibili, di coincidenza per alcuni, di segno per altri. Un caso in cui la storia dell'Urss si intreccia ancora una volta con Fatima. Nel 1945 Mosca aveva ottenuto la zona più importante, quella di Vienna, delle quattro in cui era stata divisa l'Austria dagli alleati. Il ministro degli Esteri sovietico, Molotov, disse e ripetè che Mosca mai si sarebbe ritirata da ciò che aveva occupato e tutti si aspettavano che, come a Praga, i comunisti organizzassero un colpo di Stato per andare da soli al potere nell'intera Austria. Le stesse cancellerie occidentali sembravano rassegnate. Ma non si rassegnò un francescano, padre Petrus che, tornato dalla prigionia proprio in Urss, andò in pellegrinaggio nel santuario nazionale austriaco, a Mariazell. Lì fu sorpreso da una voce interiore che gli disse: «Pregate tutti il Rosario e la vostra Patria sarà salva». Buon organizzatore, padre Petrus promosse una «Crociata nazionale del Rosario», nello spirito esplicito di Fatima, che in breve tempo raccolse milioni di austriaci, compreso lo stesso Cancelliere, Leopold Figl. Giorno e notte, grandi masse si riunivano nelle città e nelle campagne, recitando la corona e Vienna era percorsa da imponenti processioni, sorvegliate con ostilità, nel suo settore, dall'Armata Rossa. Gli anni passarono senza che l'occupazione cessasse, per l'ostinazione russa, ma il popolo non si stancava di pregare.
Il 25 dicembre 1991 la bandiera rossa con la falce e martello fu ammainata per sempre dalla cupola più alta del CremlinoIl 25 dicembre 1991 la bandiera rossa con la falce e martello fu ammainata per sempre dalla cupola più alta del Cremlino
Ed ecco che, nel 1955, l'Urss comunicò di essere disposta a ridare all'Austria l'indipendenza, in cambio della neutralità. I governi occidentali furono colti di sorpresa da una decisione inaspettata e unica, sia prima che dopo: mai, come aveva ricordato Molotov, mai, l'Urss accettò di ritirarsi spontaneamente da un Paese occupato. Ma non si sorpresero coloro che da anni pregavano per la «Crociata del Rosario»: in effetti la Conferenza internazionale che portò in due giorni al Trattato sulla fine dell'occupazione fu inaugurata, con la dovuta solennità, nell'ex palazzo imperiale di Vienna il 13 maggio. L'anniversario, cioè, della prima apparizione di Fatima.
Vittorio Messor

quinta-feira, 23 de fevereiro de 2012

Cavalo de Guerra


No ano em que adaptou a obra de Hergé ao grande ecrã, Steven Spielberg lançou-se a nova obra cruzando uma incrível aventura com uma forte mensagem no género humano.
“Cavalo de Guerra” é um drama ambientado na Primeira Guerra Mundial e traz-nos à cabeça a história de Joey, um heroico cavalo que cruza os mais adversos cenários bélicos e geográficos desde que em 1914 é vendido numa feira de Devon, ao modesto quinteiro Narracott, até que cai em pleno campo de batalha francês, entre trincheiras inglesas e alemãs...
Não faria tanto sentido o filme versar apenas sobre o belíssimo  equídeo senão integrasse diversas histórias que, todas juntas, compõem uma clara mensagem: no caso, uma mensagem de esperança na capacidade dos homens de transpor disputas mais e menos pessoais de modo a concorrer para um bem comum. Aqui simbolizado na vida de Joey.
Assim, não é apenas a incrível resiliência de Joey que o faz sobreviver mas igualmente os vários gestos de amor de cada pessoa por quem passa para consigo. E é nesto sentido que “Cavalo de Guerra” deixa de ser a história dum animal heroico para passar claramente a ser uma história de pessoas heroicas, muito mais habilitadas para o bem que une que para o mal que divide.
Postas as inequívocas qualidades temáticas da obra, o filme apresenta na sua conceção original um enorme desafio: levar-nos a percorrer duas horas e meia de viagem à garupa de um cavalo conseguindo interessar-nos equitativa e equilibradamente por cada pequeno enredo que compõe a totalidade da história. Um desafio muito mais difícil do que as palavras parecem sugerir e que deixa algumas reservas quanto ao resultado final... tecnicamente o filme vive muito bem do bom trabalho fotográfico e de uma justa realização, mas não é aposta ganha na gestão do argumento.
Apesar de entrar na corrida aos Oscars como potencial candidato a melhor filme e desta ultimamente trazer surpresas, é provável que Spielberg, com todo o mérito da mensagem que passa, deixe a um dos pares o podium da noite da academia.
Margarida Ataíde